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Anagrafe 2.0. La trasformazione del servizio anagrafico dopo le leggi di semplificazione e per la crescita - Seconda parte

CambioNella riunione del 27 gennaio 2012 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge in materia di semplificazione e sviluppo, che prenderà il nome di D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, finalizzato a “dare all’Italia un’economia più produttiva e competitiva e dunque più forte, liberando il suo potenziale di crescita e di occupazione”, a “modernizzare i rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, puntando sull’agenda digitale e l’innovazione”, “semplificando la burocrazia amministrativa, compreso l’uso delle nuove tecnologie per stimolare la produttività e la crescita” (dal comunicato stampa ufficiale) .
 
Nella conferenza stampa, i Ministri proponenti (il Ministro per pubblica amministrazione e semplificazione, il Ministro per lo sviluppo economico, infrastrutture e trasporti, e il Ministro dell’istruzione, università e ricerca) si sono ampiamente soffermati su due delle misure cardine del provvedimento normativo: l’obbligo per le pp.aa. di effettuare le comunicazioni e le trasmissioni di atti e documenti previsti, tra le altre norme, dal regolamento anagrafico (D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223) esclusivamente in modalità telematica (art. 6 D.L. 5/2012), e il c.d. “cambio di residenza in tempo reale”, costituente la principale novità in materia anagrafica dall’entrata in vigore dell’attuale legge di disciplina della materia del 1954 (art. 5 D.L. 5/2012).
Ha colpito, nel frangente, viste la portata dell’iniziativa e le precipue competenze amministrative in tale ambito, l’assenza del Ministro dell’interno.
Mentre la prima misura attende, per essere operativa, l’adozione di un decreto di quest’ultimo Ministro, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, che ne disciplini modalità e termini per l’attuazione (al momento in cui si scrive ancora assente, pur essendo scaduto il periodo di 180 giorni previsto per la sua emanazione), il cambio di residenza i tempo reale è entrato “in azione” negli uffici demografici il 9 maggio 2012, novanta giorni dopo l’entrata in vigore della norma che l’ha introdotto nel nostro ordinamento (art. 5 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, successivamente convertito dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35).
Per adeguare il contenuto delle disposizioni recate dal regolamento anagrafico alla novità in questione, è stato, infine, adottato il D.P.R. 30 luglio 2012, n. 154.
Gli aspetti salienti della nuova disciplina possono riassumersi nell’introduzione delle modalità telematiche nell’effettuazione delle dichiarazioni anagrafiche, e nella semplificazione del procedimento amministrativo di variazione anagrafica.
Quanto al primo punto, l’art. 13 del D.P.R. n. 223/1989, nella sua formulazione originaria, prevedeva come la dichiarazione di trasferimento di residenza da altro Comune o dall’estero o per l’estero, la dichiarazione di costituzione di una nuova famiglia o di una nuova convivenza (in senso anagrafico, art. 5 D.P.R. cit.) o di mutamenti intervenuti nella loro composizione, la dichiarazione di cambiamento di abitazione, e le dichiarazioni relative ai cambiamenti concernenti le altre informazioni anagrafiche previste dal comma 1 del medesimo art. 13, dovessero essere rese dall’interessato (rectius, dal responsabile individuato dall’art. 6 D.P.R. cit.) personalmente dinanzi all’ufficio anagrafico del Comune di nuova (in caso di trasferimento presso altro Comune) o attuale residenza (negli altri casi), ovvero a mezzo di lettera raccomandata (tranne che per le variazioni di residenza, per le quali era valida solo la dichiarazione resa personalmente, art. 13, comma 3).
Il nuovo testo dell’art. 13, invece, come risulta dalle emende apportate dal D.P.R. n. 154/2012 già citato, contempla due fondamentali vie di effettuazione delle principali dichiarazioni anagrafiche (trasferimento di residenza, costituzione o mutazioni nella famiglia/convivenza, cambiamento di abitazione): dichiarazione resa e sottoscritta personalmente dinanzi all’ufficiale d’anagrafe, ovvero dichiarazione inviata con le modalità telematiche di cui all’art. 38 del TUDA.
Se sulla prima ipotesi nulla è invariato rispetto al passato (se non la modulistica da utilizzare, predisposta dal Ministero dell’interno, d’intesa con l’ISTAT , e pubblicata sul sito istituzionale del medesimo Ministero), innovativa è l’apertura alle modalità telematiche, che – seppur legittimate i via generale dal menzionato art. 38 del TUDA (“Tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici servizi possono essere inviate anche per fax e via telematica”) – nella lex specialis anagrafica finora non trovavano espressa accoglienza.
 
È il caso di rammentare che per la definizione di quali siano le modalità telematiche idonee all’inoltro delle dichiarazioni anagrafiche (e di qualsiasi altra istanza o dichiarazione alla p.a.) il citato art. 38, comma 2, rinvia alle condizioni di validitàstabilite dall’art. 65 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale, CAD), qui riportate:
a) se sottoscritte mediante la firma digitale o la firma elettronica qualificata, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato;
b) ovvero, quando l'autore è identificato dal sistema informatico con l'uso della carta d'identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente;
c) ovvero quando l'autore è identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti di cui all'articolo 64, comma 2, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente nonché quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
c-bis) ovvero se trasmesse dall'autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 71 (...).
Dette condizioni, pur essendo alternative, costituiscono un numerus clausus, quindi non consentono l’utilizzo di modalità telematiche differenti da quelle espressamente elencate.
Cercando, allora, di mettere ordine alle diverse ipotesi di effettuazione delle dichiarazioni anagrafiche oggi consentite dalla legge, si può affermare che esse consistano nelle seguenti:
-          sottoscrizione della modulistica prevista di fronte all’ufficiale d’anagrafe (art. 13, comma 2, D.P.R. n. 223/1989);
-          invio della modulistica prevista, sottoscritta con firma autografa e accompagnata da copia non autenticata del documento di identità in corso di validità, tramite fax (art. 13, comma 3, D.P.R. n. 223/1989, in combinato disposto con art. 38, comma 1 e 3, TUDA);
-          invio della modulistica prevista, sottoscritta con firma digitale, o firma elettronica qualificata, per via telematica, intendendosi per tale anche la posta elettronica ordinaria (art. 13, comma 3, D.P.R. n. 223/1989, in combinato disposto con art. 38, comma 1 e 3, TUDA, con rinvio all’art. 65, comma 1, CAD);
-          invio della modulistica prevista mediante appositi sistemi informatici e autenticandosi con carta d’identità elettronica o carta nazionale dei servizi (art. 13, comma 3, D.P.R. n. 223/1989, in combinato disposto con art. 38, comma 1 e 3, TUDA, con rinvio all’art. 65, comma 1, CAD);
-          invio della modulistica prevista mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare (art. 13, comma 3, D.P.R. n. 223/1989, in combinato disposto con art. 38, comma 1 e 3, TUDA, con rinvio all’art. 65, comma 1, CAD; v. inoltre, a tal riguardo, il recente D.P.C.M. 27 settembre 2012, pubbl. in G.U. n. 294 del 18 dicembre 2012, che detta le regole tecniche per la configurazione della c.d. PEC-ID);
-          invio della modulistica prevista utilizzando servizi di rete della p.a. (del Comune, nel caso che ci occupa) con identificazione informatica del dichiarante mediante strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi (art. 13, comma 3, D.P.R. n. 223/1989, in combinato disposto con art. 38, comma 1 e 3, TUDA, con rinvio all’art. 65, comma 1, CAD; questa modalità necessita ancora dell’adozione di apposite regole tecniche);
Notevole, dunque, è l’ampliamento delle possibilità di rendere le dichiarazioni anagrafiche apportato dalla nuova disciplina, con particolare riferimento ai trasferimenti di residenza, per le quali il previgente sistema non lasciava alternative alla presentazione diretta dell’interessato presso l’ufficio demografico.
Degna di nota, peraltro, è la soppressione – dalla formulazione dell’art. 13 D.P.R. n. 223/1989 – del mezzo costituito dalla lettera raccomandata, prima espressamente consentito per tutte le dichiarazioni anagrafiche diverse dalla variazione di residenza, segno evidente di sfavore del legislatore per l’utilizzo della carta.
Va, tuttavia, ricordato che il Ministero dell’interno – nel suo primo intervento interpretativo successivo all’emanazione della nuova disciplina – con circolare n. 9 del 27 aprile 2012 è parso “salvare” sia l’utilizzo della raccomandata sia la possibilità di inviare tramite posta elettronica ordinaria l’immagine digitale (“acquisita mediante scanner”) della modulistica sottoscritta con firma autografa, accompagnata dalla riproduzione del documento d’identità del dichiarante.
Questa interpretazione estensiva del dato normativo, che avvalora la locuzione “anche” contenuta nel testo del citato primo comma dell’art. 38 TUDA, è probabilmente ispirata al “favor semplificationis” che caratterizza gli obiettivi del D.L. n. 5/2012, mirando a ridurre le occasioni per il cittadino di trovarsi in fila dinanzi ad un sportello pubblico.
Deve, però, rimarcarsi come, al momento, dette modalità di invio della dichiarazione anagrafica non paiono trovare espressa copertura giuridica nella disciplina vigente, a meno di non volerla trovare nell’art. 65, comma 1, lett. c), seconda parte, del CAD (“quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con le modalità di cui all'articolo 38, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”), il quale fa riferimento alla norma che prevede come le istanze indirizzate alla p.a. possano essere “sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore. (...) La copia dell'istanza sottoscritta dall'interessato e la copia del documento di identità possono essere inviate per via telematica”. Ma è lo stesso art. 65 che detta le condizioni perché le istanze siano validamente inviate per via telematica, generando quello che in gergo informatico viene denominato “riferimento circolare” (A rinvia a B, il quale a sua volta rinvia ad A, e così via all’infinito).
 
L’altra importante novità, si diceva, è data dalla semplificazione del procedimento amministrativo di variazione anagrafica.
Trattasi, invero, di semplificazione per il cittadino, giacché, come si vedrà, per quel che concerne gli uffici anagrafici non viene meno nessuna delle fasi procedimentali caratterizzanti il procedimento amministrativo di trasferimento di residenza, da decenni applicato dagli operatori del settore.
Infatti, il legislatore è intervenuto unicamente modificando l’ordine delle fasi in cui si sviluppa detta procedura, tradizionalmente identificabili in:
-          ricezione della dichiarazione di trasferimento;
-          trasmissione della dichiarazione al Comune di precedente iscrizione anagrafica;
-          accertamento del requisito della residenza (quale dimora abituale presso il Comune di nuova iscrizione, ex art. 43 codice civile);
-          conferma della cancellazione anagrafica da parte del Comune di precedente iscrizione;
-          registrazione anagrafica del trasferimento di residenza.
La nuova disciplina, pur senza eliminare alcuno dei passaggi appena elencati, in ossequio allo slogan con cui è stata pubblicizzata, anticipa l’adempimento della registrazione anagrafica al momento stesso della ricezione della dichiarazione dell’interessato.
Più precisamente, l’iscrizione anagrafica è effettuata “nei due giorni lavorativi successivi alla presentazione della dichiarazione”, ma gli effetti giuridici dell’iscrizione “decorrono dalla data della dichiarazione” (così l’art. 5, comma 3, D.L. n. 5/2012).
 
L’art. 18 D.P.R. n. 223/1989, come modificato dal D.P.R. n. 154/2012, al primo comma reitera la disposizione appena citata, prevedendo come data di decorrenza, sia per l’adempimento dell’ufficiale d’anagrafe che per la produzione degli effetti giuridici dell’iscrizione anagrafica, quella “della presentazione delle dichiarazioni”.
Pur correggendo l’improprietà del riferimento, contenuto nel decreto-legge, alla data della dichiarazione, che potrebbe essere di molto precedente a quella dell’effettivo inoltro della stessa dichiarazione, la dizione adoperata nel regolamento attuativo non è delle più felici, facendo riferimento ad un azione, la “presentazione”, poco consona in caso di invio della dichiarazione mediante modalità telematiche.
Resta quindi, il dubbio – nel caso di utilizzo della via telematica – se l’operatore debba fare riferimento, per la decorrenza dell’iscrizione anagrafica, alla data di invio ovvero alla data di ricezione della dichiarazione, come accertati dal sistema di trasmissione prescelto dal dichiarante, e non necessariamente (anche se quasi sempre) coincidenti.
La questione ermeneutica è suscettiva di più frequenti complicazioni, ovviamente, laddove si accedesse all’orientamento che legittima l’utilizzo del servizio postale, con lettera raccomandata, per l’invio della dichiarazione anagrafica.
Chi scrive, comunque, propende per la seconda soluzione (data di ricezione della dichiarazione), in ciò confortato dal testo del successivo art. 18-bis, commi 2 e 3, che individua in detta data la decorrenza degli effetti del ripristino alla posizione anagrafica precedente, a seguito di negativo accertamento sulla nuova residenza disposto dall’ufficiale d’anagrafe.
Invero, nel caso si volesse far coincidere la data di decorrenza di iscrizione anagrafica con la data di invio della dichiarazione di trasferimento di residenza, e successivamente l’ufficiale d’anagrafe accertasse la non ricorrenza del requisito dell’effettivo mutamento della dimora abituale, falsamente dichiarato dall’interessato, applicando l’appena citato art. 18-bis la posizione anagrafica dovrebbe essere ripristinata alla data di ricezione della dichiarazione, e ove questa fosse non corrispondesse alla data di invio, la dichiarazione dell’interessato produrrebbe comunque l’effetto di far variare la residenza anagrafica per il tempo decorrente dalla data di invio a quella di ricezione della medesima dichiarazione. Ciò determinerebbe una palese violazione del disposto dell’art. 75 TUDA, il quale dispone – in caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero – la decadenza dai benefici conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera (nel caso esaminato, invece, secondo la denegata interpretazione, l’effetto – seppur di breve durata – si sarebbe prodotto). 
  
Al di là di questa incertezza determinata dalla formulazione della norma, la disposizione in commento costituisce un notevole cambio di passo nelle procedure anagrafiche, in chiave di semplificazione della “vita burocratica” del cittadino poiché gli consente l’immediata certificabilità (e auto-certificabilità, naturalmente) della propria condizione di residente nel Comune di immigrazione, in linea con la recente politica legislativa di favorire l’istantaneo prodursi degli effetti giuridici di una domanda all’atto della sua presentazione alla p.a., analogamente con quanto previsto, per i procedimenti autorizzativi di attività, dall’art. 19 della legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, e succ. modd. e intt.), con riferimento alle segnalazioni certificate di inizio attività (Scia).
Come in queste ultime, il bilanciamento del vantaggio costituito dalla subitanea decorrenza degli effetti favorevoli della domanda/dichiarazione è garantito dal particolare “peso” conferito alla espressione di volontà del privato che dà avvio al procedimento amministrativo. Infatti, l’art. 5, comma 4, D.L. n. 5/2012 sancisce che, in caso di dichiarazioni non corrispondenti al vero, si applicano le disposizioni previste dagli artt. 75 e 76 del TUDA (vale a dire, decadenza dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, come prima ricordato, e configurabilità del reato di cui all’art. 483 c.p., ove non sussista ipotesi delittuosa più grave), e che, ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa, l’ufficiale d’anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza e al Comune di provenienza. Solo quest’ultima conseguenza (segnalazione all’autorità di p.s.) è ripresa dal regolamento attuativo (art. 19 D.P.R. n. 223/1989).
 
Le nuove regole dettate dall’art. 18 citato, comunque, non si limitano ad invertire le fasi della procedura amministrativa di registrazione anagrafica, in senso favorevole al cittadino, ma prevedono anche una differente tempistica negli adempimenti burocratici.
Per la verità, leggendo le astratte previsioni della previgente disciplina, sembrerebbe esservi una dilatazione dei termini del procedimento. Invero, la precedente formulazione dell’art. 18 determinava in 20 giorni il termine per effettuare gli accertamenti sulla residenza, mentre la registrazione anagrafica doveva avvenire entro 3 giorni dalla ricezione della conferma di cancellazione operata dal Comune di provenienza.
In realtà, il periodo di 20 giorni era riconosciuto sia per l’accertamento disposto dal Comune di nuova iscrizione, che per quello eventualmente disposto dal Comune di provenienza, e se la richiesta di cancellazione anagrafica era trasmessa il ventesimo giorno dalla dichiarazione anagrafica, si poteva determinare un sostanziale raddoppio a 40 giorni dei tempi burocratici di accertamento della nuova posizione anagrafica.
Considerando, inoltre, la possibilità, prevista dal previgente comma terzo dell’art. 18 in favore del Comune di provenienza, di prorogare il termine della propria attività – in caso di giustificati motivi – fissando da sé il nuovo termine per ottemperare ala richiesta di cancellazione anagrafica, è facilmente intuibile la facilità con cui soprattutto gli uffici anagrafici con maggiori carichi di lavoro potevano allungare i tempi di risposta alle domande di variazione della residenza.
Il dettato attuale dell’art. 18, invece, oltre a prevedere – come detto – l’immediato prodursi degli effetti giuridici dell’iscrizione anagrafica al momento della dichiarazione, detta tempi certi per la definizione della pratica.
Infatti, l’ufficiale d’anagrafe che abbia ricevuto una dichiarazione di trasferimento di residenza, effettuata in tempo reale la registrazione anagrafica, dispone di 45 giorni per completare i propri accertamenti, e ricevere gli esiti di quelli eventualmente disposti dal Comune di provenienza, al termine dei quali si producono gli effetti del silenzio-assenso, ai sensi dell’art. 20 L. n. 241/1990, ossia “quanto dichiarato si considera conforme alla situazione di fatto in essere alla data della ricezione della dichiarazione” (art. 18-bis D.P.R. n. 223/1989).
Laddove, invece, gli accertamenti abbiano dato esito non conforme alla dichiarazione ricevuta, entro il medesimo termine di 45 giorni l’ufficiale d’anagrafe deve inviare all’interessato comunicazione circa i motivi ostativi alla variazione anagrafica, ai sensi dell’art. 10-bis L. n. 241/1990. La mancata corrispondenza tra accertamenti eseguiti e dichiarazione di variazione anagrafica determinerà, quindi, un provvedimento di mancato accoglimento della dichiarazione, con conseguente ripristino della posizione anagrafica precedente, decorrente dalla data di ricezione della dichiarazione.
Si tratta, pertanto, di una norma che – col combinato disposto dell’iscrizione anagrafica in tempo reale e dei termini certi per la definizione del procedimento amministrativo – vuole raggiungere il duplice risultato di semplificare gli oneri burocratici per il cittadino e di velocizzare, rendendoli anche più netti, gli adempimenti in capo all’amministrazione procedente.
Ma dovevano ancora giungere i frutti di ottobre, contenuti nel nuovo decreto “crescita”.
 

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