Ogni anno, il principale quotidiano economico-finanziario italiano, Il Sole 24 Ore, pubblica la classifica dei migliori ambienti di lavoro in Italia, stilata in collaborazione con una società di ricerca e consulenza manageriale, specializzata nel settore.
Scorrendo la lista pubblicata su internet (www.greatplacetowork.it) delle 35 organizzazioni italiane, o con sede nel nostro paese, dove si lavora meglio, si nota che neanche una è pubblica.
Se si amplia lo sguardo a tutta l’Europa (15 stati), il risultato non cambia di molto: tra le prime 100 realtà lavorative europee del 2006 l’unica organizzazione a carico del bilancio pubblico è l’irlandese “Tourism Ireland”. Nel 2003, in una ricerca patrocinata dalla Commissione Europea, le cose erano andate un po’ meglio: tra i 100 migliori posti di lavoro “solo” 4 erano posti pubblici (3 in Svezia, 1 in Finlandia).
Come giustificare questa debacle delle pubbliche amministrazioni, in generale, e di quelle italiane, in particolare?
Perché le organizzazioni pubbliche non riescono a garantire nei propri uffici una qualità della vita lavorativa in grado di competere con le aziende private?
È solo un problema di budget (formazione, benefits, comfort degli ambienti costano)?
O sono gli Uffici Stampa e Relazioni col Pubblico delle nostre pp.aa. che non sanno fare il loro mestiere, rendendo noto all’esterno quanto il pubblico funzionario lavori con passione e soddisfazione?
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17 luglio 2007